WORKAHOLISM: LA DIPENDENZA DA LAVORO IMPEDISCE DI GODERSI LA VACANZA

Siamo soliti associare la parola “dipendenza” a vizi come il fumo o il gioco d’azzardo, eppure in tempi recenti nuove patologie si sono aggiunte al temibile elenco delle assuefazioni che affliggono l’essere umano, come la dipendenza da smartphone, che si manifesta come un grave senso di angoscia quando non si ha accanto a sé il cellulare e non si possono controllare le notifiche o semplicemente illuminarne lo schermo,  e il workaholism, ossia la dipendenza da lavoro.

Come può il lavoro, condizione necessaria all’essere umano (salvo rari, fortunati e opulenti casi), trasformarsi da elemento che nobilita in qualcosa dall’accezione negativa? Ciò accade banalmente quando dalla filosofia del “lavorare per vivere” si passa al “vivere per lavorare”.

Non fraintendiamo, mettere passione nel proprio lavoro o avere la fortuna/il merito di svolgere una professione che si ami è lodevole e di per sé positivo, ma per il workaholic lavorare diventa una vera e propria dipendenza patologica, un bisogno impellente e incontrollabile che impedisce di concentrarsi su qualsiasi attività esterna al lavoro e rischia di avere conseguenze serie per la propria salute psicologica, nonché sulla sfera affettiva.

Se vi riconoscete in uno o più dei seguenti sintomi, potreste essere workaholic più o meno consapevoli:

  • Dedicare volontariamente molto più tempo al lavoro, rispetto a quanto sia produttivo ed effettivamente necessario.
  • Sentirsi in ansia, depressi o avere dei sensi di colpa se non si è al lavoro.
  • Mettere il lavoro al primo posto, preferendolo alla famiglia, agli hobby di qualsiasi natura o all’attività fisica. Di fatto vengono a mancare altri interessi al di là del lavoro stesso.
  • Non riuscire mai a staccare la spina a causa di preoccupazioni relative alle scadenze da rispettare, ai sospesi, alla paura di perdere il proprio impiego.
  • Manifestare stress emotivo se un impedimento esterno non consente di svolgere la propria attività lavorativa.

Workaholism

Il workaholism inevitabilmente condiziona la sfera privata, allontanando il workaholic dai propri affetti: le statistiche dimostrano che una persona che manifesta questo tipo di dipendenza tende a diventare anaffettiva, trascurando il partner, i figli e gli amici. Una situazione che col passare del tempo può condurre a separazioni e alla perdita degli affetti più cari, isolandolo e creando una spirale negativa che lo farà dipendere ancor più dal lavoro per non riflettere sulla propria condizione di solitudine.

Chi ama viaggiare lo troverà incomprensibile, ma quando il meccanismo del workaholism attecchisce in profondità, la persona afflitta non proverà il minimo entusiasmo per una nuova meta perché per lui il viaggio diventa lo strumento che lo allontana dal luogo di lavoro, l’unico posto in cui si senta a proprio agio. Fermandosi a riflettere, vi sarà capitato di vedere manager perennemente al cellulare anche in spiaggia o durante un pranzo con la propria famiglia o persone che controllano compulsivamente le email temendo di perdersi una notifica. Al di là delle vere emergenze, lavori che comportano grandi responsabilità e di periodi particolari per i quali è richiesto un impegno extra orario, la maggior parte di questi atteggiamenti si manifesta per noia, mancata accettazione del non essere indispensabili (non volere accettare che il lavoro vada avanti anche senza la propria presenza), sindrome di controllo (tipica di chi ha paura di delegare) e totale assenza di interessi extra lavorativi.

Per “guarire” è necessario un cambio di mentalità: fare all-in su un solo ambito della propria vita, in questo caso quello lavorativo, ma vale anche per chi si annulla per i figli o per un partner con interessi diversi dai propri, è controproducente e pericoloso, perché nel momento in cui qualcosa andasse storto potremmo renderci conto che è troppo tardi per recuperare un rapporto, per tornare in un luogo, per coltivare un hobby chiuso a chiave in un cassetto da troppo tempo. I tedeschi hanno una parola splendida che indica il riposo serale, al termine della giornata lavorativa: “Feierabend“. In Germania, uno dei Paesi più produttivi d’Europa, le ore dedicate al riposo sono sacre, occorre dare il massimo durante la giornata lavorativa, dopodiché si deve staccare per dedicarsi a se stessi e ai propri interessi. Niente messaggi, mail e telefonate dopo l’orario d’ufficio se non in presenza di reali emergenze. Solo così si potrà essere produttivi e motivati il giorno seguente. Chi fa troppi straordinari o lavora al di fuori delle ore canoniche non viene visto come uno stakanovista dal quale prendere esempio, quanto come una persona che non è in grado di ottimizzare i tempi ed efficientare il proprio rendimento.

Tornando ai nostri amati viaggi, a questo punto non resta che chiedersi se effettivamente abbiamo mai manifestato piccoli segnali di “workaholism” e come possiamo arginarli. Io consiglio sempre di optare per cogliere l’attimo, perché un tramonto il giorno dopo non sarà mai esattamente uguale, non possiamo sapere se avremo modo di tornare in un luogo che non ci siamo goduti appieno e non esiste momento migliore di quello che stiamo vivendo per scoprire, esplorare, arricchirci. Ricordate la scena di Fantozzi che, una volta raggiunta la pensione, non sa cosa fare, manifesta segni di noia e come un automa mima il gesto di timbrare il cartellino? Se avesse coltivato maggiori interessi, investito su se stesso o trascorso più tempo con la sua famiglia, non sarebbe stato così infelice. Ritagliatevi il tempo necessario per un film, un libro, pianificare un viaggio per quando potrete realizzarlo, camminare all’aria aperta, fare sport, cucinare, dedicarvi alla cura di voi stessi. Cominciate con pochi minuti al giorno, poi vi accorgerete di non poterne più farne a meno. E al massimo sarete travel addicted o travelaholics…quella sì che è una sana dipendenza dalla quale non occorre guarire!

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2 pensieri su “WORKAHOLISM: LA DIPENDENZA DA LAVORO IMPEDISCE DI GODERSI LA VACANZA

  1. Silvia The Food Traveler ha detto:

    Mi è capitato, nel mio vecchio lavoro di non riuscire a godermi la vacanza. Non tanto per workhalosism, ma perché il mio responsabile – che era un workaholic – mi chiamava ogni giorno, anche quando ero in vacanza, per una qualche “emergenza”. Pensa che una volta, in coda al gate per un volo per New York, mi ha tenuta dieci minuti al telefono per una cosa da nulla che però per lui era urgente. Anche per questo ho cambiato lavoro 😉 In effetti leggendo il tuo articolo capisco che per il mio ex responsabile dovesse essere un grave problema, e che magari lui mi chiamava non tanto per disturbarmi, ma perché era davvero convinto che fosse essenziale. Mi auguro che sia guarito da questa patologia.

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